“Ha vinto il Roland Garros. Questa qua ha vinto il Roland Garros. L’avrò detto almeno dieci volte, a ripetizione - prende la parola Franco -. Abbiamo fatto talmente tanto chiasso che tra la tv, il campanello e i telefoni non sentivamo nulla. Pensavamo di esserci chiusi dentro e invece a un certo punto: pum pum pum. Sono entrati i vicini con le bottiglie e così sono iniziati i festeggiamenti. Quando poi dopo un’oretta ci ha chiamato Francesca il telefono era impazzito. Io avevo il magone e mi sono sentito rimproverare da lei: Papà non devi piangere, sei un uomo!”.
Il ricordo della giornata sarà anche stato promosso a storia, a quei racconti che prendono forma e si arricchiscono di dettagli ogni qual volta li si ripercorre, ma le emozioni, quelle faticano ad appiattirsi alla routine. Così mentre Franco, l’anima più riflessiva e razionale della coppia prosegue il racconto, Luiscita porta la mano sul viso e chiude gli occhi, ancora incredula.
Gli elementi sono i più classici: la figlia che al rientro dopo l’impresa viene accolta da una folla inneggiante; le premure di una madre, che desidera condividere con una ventina - si stima - di amici l’inatteso trionfo. Nell’affaire Schiavone però confluiscono troppe variabili: il volo mancato e l’arrivo a Bologna, anziché Verona, con conseguente ritardo, ma soprattutto l’eccezionalità dell’evento, che a catena scomoda televisioni, trasmissioni sportive, tifosi e curiosi da ogni parte della provincia.
Ci si ritrova così travolti da uno tsunami in carne e ossa. “Arrivava gente che nemmeno sapevo chi fosse - confessa la madre. E allora ho pensato: le persone che non conosco non entrano in casa, salutale tu da fuori Franco, non si sa mai. Per preparare qualcosa ho chiesto aiuto ai miei cugini: chi si è messo ai fornelli, chi ha sistemato i tavoli in cortile, perché io dovevo correre in aeroporto. Poi Francesca ha fatto tardi ma la gente l’ha aspettata, non se ne sono andati”.
E qualcuno non si è limitato ad attendere il suo arrivo. Marco, l’amico di infanzia, il vicino con cui ha trascorso tanti pomeriggi sotto il portico, ha voluto omaggiarla con una splendida gigantografia - 3 metri per 3 metri e mezzo - della prima pagina della Gazzetta dello Sport, quella con il suo drittone in volo.
“L’emozione più bella è stata riconoscere l’affetto sincero e gioioso di chi si complimentava. Mi hanno colpito le telefonate dei genitori di Vinci e della signora Garbin, ma anche le parole del giornalista dell’Equipe, ‘al Roland Garros è passato un angelo’.
Mia figlia ha conquistato anche i francesi, ci pensate? E dire che la mattina della finale l’avevo sentita con una voce tanto strana… Francesca, le ho detto, Garibaldi è partito dalla Sicilia, o si fa l’Italia o si muore! E poi ancora, sei davanti alla Bastiglia, ti basta una spinta per entrare. In una circostanza del genere non si può dire tanto e io ho voluto metterla sullo scherzo”.