Il quinto ed ultimo scatto deve essere il più bello, per Ray scegliere tra trent'anni di foto non è facile, ma il primo collegamento mentale porta all'Australian Open 1998, più precisamente ad un rovescio iconico di Venus Williams. "Quando ho scattato questa foto ero sul tetto della Rod Laver Arena, c'era una bella ombra e seguendo i movimenti della Williams ho scattato. Ho subito pensato di aver fatto una bella foto - confessa il fotografo di Adelaide - Al tempo però scattavo ancora in analogico quindi avrei dovuto aspettare un giorno per vederla, avevo grandi aspettative ma c'era il rischio di un'esposizione sbagliata o che la messa a fuoco fosse errata. Alla fine però è uscita una super foto perché lei è messa di traverso su una gamba sola e solo guardando l'ombra si vedono entrambe. Sono molto affezionato a questa foto perché scattata in analogico ed in quel caso mi ha aiutato l'esperienza come fotografo di moda che mi ha insegnato a gestire la luce".
Tornando indietro Giubilo ha poi approfondito i ricordi legati agli anni di transizione che hanno portato al digitale: "Inizialmente solo le agenzie si potevano permettere le macchine fotografiche perché avevano dei prezzi fuori mercato ed avevano pochi pixel, anche se al tempo questo concetto non ci era molto chiaro. Alla fine però ci ho guadagnato perché chi scattava con le primissime digitali ora si trova con delle foto a pochi pixel mentre io dalle mie diapositive posso ricavare foto ad alta risoluzione - spiega Ray trovando un notevole lato positivo - Poi nel 2000 durante l'Olimpiade ho provato la prima digitale e poco dopo ne ho comprata una. Il mondo per noi cambiò perché potevamo vedere subito la foto e potevamo avere un riscontro sull'esposizione. L'altro grande cambiamento fu sui numeri, prima avevamo un budget limitato per pellicole e sviluppo, durante uno slam al massimo avevo 100 pellicole equivalenti a 3600 scatti; oggi arrivo a farne anche 30.000 a torneo".
Per chiudere Ray risponde ad un'ultima curiosità e spiega come facesse dal mondo a mandare le foto in Italia: "Solitamente non avevo bisogno di far arrivare le foto 'in tempo reale', quindi dopo le prime giornate, quando avevo le foto di tutti i tennisti consegnavo le diapositive a chi tornava in Italia che esso fosse un giornalista o un tennista eliminato - racconta rispolverando poi un altro metodo che ha utilizzato in qualche occasione - Nei rari casi in cui ho avuto necessità di mandare tempestivamente una foto in Italia, mi sono sempre dovuto rivolgere alle agenzie che erano in possesso di costosissimi trasmettitori Hasselblad. Questa macchina scannerizzava la foto che pagando una discreta somma sarebbe stata mandata in Italia tramite un giro lunghissimo. Per esempio quando scattavo in Australia la foto veniva mandata prima ad Hong Kong, poi a Los Angeles per il mercato americano e solo dopo arrivava a Londra e nel giro di poco in Italia. Con questo processo la foto arrivava in un paio d'ore".