Poi viaggio in treno, Wi-Fi ballerino, incontro con amica che mi costringe a parlare. Giungo di fronte a una Tv quando Roger è alla fine della battaglia contro il tignoso Coric. Un set pari, mi collego in prossimità del tie-break del terzo, dopo quasi due ore e mezza di gioco. In un amen, qualche Kyrie eleison e un paio di salmi imprecatori (da parte mia) Roger si trova sotto 4-6. Ma questa volta, udite udite, è lui ad annullare due match point. Il primo con una resistenza da fondo campo che somiglia più a una guerra di nervi. Il giovanotto croato cade nella trappola del gattone svizzero e sbaglia un dritto in avanzamento non impossibile. Tifo italiano impazzito sulla Grandstand Arena. Il secondo lo neutralizza con un servizio che induce l’altro all’errore. Mi aggiungo ai tifosi, con un grido belluino. Mentre salto, so già che vincerà: “Gioia in cielo, esulti la terra!”, sento emergere dalle viscere. E così, poco dopo le 20, un dritto vincente e una trappola su cui Coric cade a rete gli consegnano la vittoria. Voce rauca ormai, ora di cena.
Già pregusto l’indomani. In un luogo ameno, senza impegni, potrò guardare il quarto di finale in santa pace, si fa per dire, e ciò che seguirà. A tarda sera ecco il nome dell’avversario: l’astro nascente Tsitsipas. C’è una sconfitta pesante da vendicare…
E invece il tennis si rivela una volta di più lo sport del diavolo. Nel primo pomeriggio di venerdì Francesco mi telefona: Roger ha annunciato il ritiro per fastidi fisici. A quasi 38 anni non si possono giocare due partite in un giorno. “A ogni giorno basta la sua partita”, direbbe Gesù, quasi alla lettera. Lui diceva “la sua pena”, ma ogni nuovo dì non è forse una partita, una faticosa lotta? Una, appunto: a ogni giorno la sua. Affrontarne due è troppo, anche per chi, come il Re, sa ingannare il tempo…
Ricorderemo quel 16 maggio per uno scatto di Ray Giubilo, immagine oltremodo simbolica in questi tempi, resa celebre dalla nostra rivista: Roger sulla riga di fondo del Centrale di Roma, al cuore di un esile fascio di luce, circondato da ombre con le fattezze di un mostro. Il bianco dell’abbigliamento, il rosso della terra, il gigante oscuro che sembra voler divorare il campo, persino la pallina gialla. Anche il Magnifico, spettinato, è sorpreso, esita: colpirla o no di rovescio? Nell’incertezza ha piedi ben piantati a terra, mani sulla racchetta e occhi solo per lei, la pallina. “Soli, ma stretti un po’ di più, solo io, solo tu”, cantava qualcuno. Tra un attimo il Re agirà… Tranquilli, lui lo sa: al cuore del buio, c’è spazio e tempo (il timing!) solo per l’essenziale. Perché una scintilla inizi a squarciare la notte.