Chi può giocare a tennis e come si devono comportare i circoli dopo il decreto del 9 marzo

Chi può giocare a tennis e come devono comportarsi i circoli? Proviamo a fare chiarezza dopo il Dpcm del 9 marzo con l'aiuto dell'avvocato Stefano Comellini

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Foto Carolina Georgatou
 

Le misure prese per contenere la diffusione del coronavirus, in particolare l’ultimo decreto, hanno portato ad una serie di quesiti riguardanti la possibilità di fare sport nel nostro paese. L’interpretazione delle nuove norme ha portato confusione tra i tennisti e non solo. Per provare a fare chiarezza la redazione de Il Tennis Italiano ha contattato l’Avvocato Stefano Comellini, socio del Circolo della Stampa Sporting di Torino, che ha gentilmente risposto alle nostre domande. Se oggi mi viene chiesto chi può giocare a tennis, dico che la risposta cambia a seconda del soggetto. C’è stata una sequenza di Dpcm, l’ultimo quello del 9 marzo. Le norme riguardanti lo sport sono mutate rispetto ai primi di Dpcm di febbraio e sono andate a restringere le possibilità di praticare attività sportiva - premette l’Avvocato - Oggi ci interessano i decreti dell’8 e del 9 marzo che vanno valutati insieme anche se non conciliano benissimo. In quello dell’8 marzo vi era scritto che gli agonisti avrebbero potuto svolgere la propria attività a certe condizioni, ma allo stesso tempo era stato inserito l'obbligo di chiusura per i centri sportivi. Il giorno dopo il quadro è stato stravolto, prima di tutto le restrizioni sono state estese in tutta Italia ed è cambiato il punto D dell’articolo 1 del Dpcm”. Ci viene spiegato prima di entrare nel dettaglio delle casistiche. Questo punto consente ad atleti professionisti e non professionisti di potersi allenare. Da sottolineare che quest’ultimo non è il giocatore di club, quando parliamo di professionismo dobbiamo entrare nel merito della definizione data dal CONI - prosegue la spiegazione - Ad essere professionisti dunque sono solo gli atleti della federazioni dichiarate tali. Ad esempio, il tennis, contrariamente a quanto si possa pensare, non prevede il professionismo. In particolare possiamo pensare allo sport femminile dato che in Italia non è ancora previsto il professionismo per le donne come ben noto".

Detto questo, l’Avvocato Comellini dà una chiara spiegazione di chi può praticare attività sportiva all'interno di un centro sportivo: E’ stato stabilito che solo gli atleti di interesse nazionale si possono allenare. L’elenco è stabilito dalle federazioni, anche se parlando del tennis, la FIT non dà indicazioni di questo genere, come fa per esempio la Fijlkam stilando una lista. Queste informazioni possiamo però ricavarle considerando principi generali, attribuendo questo status ad atleti che svolgono attività internazionale, prendono parte ai campionati nazionali o partecipano a manifestazioni per squadre nazionali”. Diventa chiaro il divieto imposto a giocatori di club e agonisti non appartenenti alla primissima fascia, ma va precisata un’ulteriore scrematura fatta tra gli atleti di interesse nazionale. Quest’ultimi infatti possono proseguire l’attività se devono allenarsi in vista di manifestazioni nazionali o internazionali.

Foto Carolina Georgatou
 

Con l’Avvocato Comellini facciamo chiarezza su un ulteriore punto che ha creato dibattito. Alla lettera D dell’articolo 1 del Dpcm del 9 marzo viene fatto riferimento alla possibilità di svolgere attività sportive all'aperto. A mio avviso però non è un riferimento al poter giocare fuori piuttosto che in strutture indoor - spiega subito - A mia interpretazione si riferisce al fare attività fuori dai centri sportivi come può essere una corsa al parco. Un circolo dunque può tenere aperto solo per gli atleti di interesse nazionali che devono allenarsi in vista di manifestazioni”. Questo però non è l’unico interrogativo ai quali i centri sportivi devono rispondere, come ci viene fatto notare: "Un altro aspetto delicato riguarda il comportamento da seguire una volta permesso l’ingresso agli atleti autorizzati. Come fa un atleta nazionale ad allenarsi se poi non può fare la doccia perché teoricamente non potrebbe andare nello spogliatoio? E’ una situazione che lascia margine a qualche incertezza - commenta l’Avvocato - Il personale poi deve misurare la temperatura corporea dell’atleta che non può essere superiore a 37.5 e deve attenersi ad una serie di protocolli”.

Foto Carolina Georgatou
 

Per chiudere il discorso abbiamo chiesto in quali sanzioni potrebbe incorrere un centro sportivo che non si attiene a quanto sancito dal decreto. A mio avviso c’è una sanzione di tipo penale riguardante l’articolo 650 del codice penale per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Poi c’è una responsabilità di tipo disciplinare perché i Dpcm sono stati fatti propri dalle federazioni che hanno “rimbalzato” sui affiliati e tesserati le prescrizioni previste. Ma non è tutto perché se da questo tipo di omissione derivasse la contaminazione di un individuo e poi la morte, la responsabilità diventerebbe di tipo civile/penale perché il circolo ha acconsentito un’attività vietata e ha la responsabilità dell’evento. Chi apre a persone esterne si prende una responsabilità molto grossa”. Conclude l'Avvocato precisando che se lo scenario descritto dovesse avvenire con un atleta autorizzato a praticare sport nel centro sportivo, le conseguenze non sarebbero queste.

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