Auguri, Roger! Ci vediamo a Torino....

Il Campione è ancora in cammino, e progetta di regalarci molte gioie anche nel suo 40esimo anno. Alziamo i calici, e diamogli appuntamento alle Atpf Finals: quelle del 2021, però

Foto Ray Giubilo

Happy birthday, caro Roger!

Oggi compi trentanove anni, entri nel quarantesimo. E sei ancora ai vertici del tennis, pur in questo singolarissimo 2020. Dalle colonne virtuali della nostra antica rivista ti giunga il mio più appassionato augurio. So di farmi voce di tanti altri e altre.

Non è, ancora per poco, il tempo dei bilanci. Anche se a questo hai iniziato a indirizzarci tu stesso un mese fa, nei giorni in cui sei venuto a Finale Ligure e ti ho mancato per poco, a causa delle maledette autostrade italiane. In un’intervista hai detto che il tennis ti mancherà dopo il ritiro (di cui si parla dal 2009!): e ci mancherebbe… E soprattutto: quanto mancherai tu al tennis e a noi! Ma non affrettiamoci a trarne deduzioni, anche se ormai è questione di un paio d’anni, con ottimismo. Per ora rallegriamoci della musica lasciata nei nostri orecchi da un tuo colloquio più recente, in cui hai accennato al desiderio di faticare ancora sotto la supervisione del mago Paganini, in vista di obiettivi quali le Olimpiadi di Tokyo e, lo intuiamo, Wimbledon…

Restiamo nell’oggi e guardiamo al domani. A quel 2021 per il quale non è possibile fare pronostici: “l’intero avvenire è un soffio”, dice Qohelet… Ma se Prometeo ci ha lasciato “cieche speranze”, oso nutrirne anch’io qualcuna, vaga ma non troppo: tanta bellezza da te dispensata ancora a piene mani; qualche vittoria significativa; un giretto a Torino alle Finals, così, per salutare anche l’Italia. Piccole speranze, grandi gioie, nessun rimpianto (anche se Wimbly 2019…).

Si avvicina un futuro che ci chiederà conto di un passato. Mi torna alla memoria un video che non trovo più in rete. Le espressioni piene di pathos, eppur trattenute, del tuo volto, subito dopo la sconfitta contro Nole nella finale degli US Open 2015. In sottofondo una struggente canzone, colonna sonora del Grande Gatsby: “Will you still love me when I’m no longer young and beautiful?”. Certo che ti ameremo, perché non possiamo farne a meno e perché ci hai lasciato così tante perle che, nel lungo inverno post-Rogerdown, faranno primavera. Non una rondine, ma qualche tua magia sì. Va be’, cedo ancora una volta e attingo allo smisurato archivio della rete:

Notare le grida dei telecronisti e, quasi sempre, i grugniti degli avversari nel pieno dello sforzo, mentre Il Magnifico pare dilettarsi… In alto i calici!

In questo repertorio manca però almeno un colpo, riassunto in un’immagine: Non vi chiedo di andarvi a rivedere tutti i 52 passing shots di Roger contro Rafa, ma qui siamo vertice, per peso specifico. Wimbledon 2008, finale. Roger perderà, nel buio del Centre Court, ma con questo passante di rovescio annulla a Rafa un match point nel quarto. A onor del vero, questo colpo viene subito dopo un incredibile passante di dritto con cui Rafa si procura il punto della gloria. Ma per ovvi motivi sentimentali mi concentro sul secondo. C’è tutto: lavoro di piedi, frustata di polso, agilità, tempismo, attenzione, cura, coraggio, follia, precisione. Bellezza. Poi l’esultanza trattenuta, con il pugno chiuso in direzione del suo angolo, mentre i telecronisti sospirano: “Mio Dio!”.

Grazie, Roger. Mi fermo qui, altrimenti parte il trip del ricordo. E invece no. Restiamo nel presente. Questione di qualche mese: poi, se il virus lo concede, tornerai a deliziarci. Nessun pronostico. Nessuna utopia. Nessuna parola di troppo. Solo un desiderio chiamato speranza, un atto di Federer con il quale ti abbraccio, attingendo alle parole del poeta: “Viandante, non c’è cammino. Il cammino si crea andando” (A. Machado). Camminando si apre cammino. Da meraviglia scaturisce meraviglia. Ogni colpo alla pallina gialla prelude a un altro, in una catena che purtroppo si spezzerà. Poi ci penseremo. “A ogni giorno basta la sua pena”, ha detto un sapiente.

A presto e ancora tanti auguri, immenso King Roger!

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